La Legge 24/2017 (cosiddetta Gelli-Bianco) ha introdotto un principio chiave: la sicurezza delle cure fa parte integrante del diritto alla salute e deve essere perseguita attraverso un sistema di gestione del rischio clinico che coinvolga tutto il personale sanitario. In altre parole, ogni figura professionale, a qualsiasi livello, è chiamata a contribuire alla prevenzione degli errori e degli incidenti in sanità. Questo include non solo medici e infermieri, ma anche l’Operatore Socio-Sanitario (OSS), spesso meno citato ma fondamentale. Cosa significa, però, concretamente, coinvolgere anche l’OSS in un sistema di risk management? Proviamo a esplorarlo con alcune riflessioni aperte, come farebbe il team di Margotta Medical, immaginando nuove prospettive e benefici possibili.

Un obbligo condiviso dalla normativa: tutti coinvolti, OSS compresi

L’orientamento normativo è chiaro e forte: “alle attività di prevenzione del rischio … è tenuto a concorrere tutto il personale”. Questo passaggio della Legge Gelli-Bianco ribadisce che la gestione del rischio non è compito di pochi esperti, ma un processo collettivo in cui ciascun membro del team ha responsabilità attiva. Del resto, già una storica sentenza della Corte di Cassazione (447/2000) affermava che “tutti gli operatori sanitari sono, in forza di legge, portatori di una posizione di garanzia … nei confronti dei pazienti”, ovvero hanno il dovere giuridico di tutelare la persona assistita da ogni pericolo che ne minacci l’integrità.

Inserire gli OSS in questo quadro non è quindi solo una buona pratica, ma risponde a un obbligo deontologico e legale condiviso. La Federazione degli infermieri (FNOPI), ad esempio, sottolinea che la sicurezza delle cure si ottiene con “il coinvolgimento e la sinergia di ogni operatore sanitario, ciascuno secondo il proprio ruolo”. Ciò implica che anche l’OSS, secondo le sue competenze, debba essere parte integrante dei processi che garantiscono cure sicure e di qualità. In pratica, la prevenzione del rischio diventa un obiettivo dell’intera squadra assistenziale, nessuno escluso.

L’OSS in prima linea: perché il suo contributo è fondamentale

Spesso l’OSS viene definito il “frontline” dell’assistenza. È la figura che trascorre più tempo accanto all’ospite/paziente nelle attività quotidiane di cura: igiene, alimentazione, mobilizzazione, osservazione dello stato generale. Questa prossimità pone l’OSS in una posizione unica per cogliere tempestivamente segnali di rischio. Pensiamo a situazioni comuni: un pavimento bagnato che può causare una caduta, una barriera al letto non rialzata, un arrossamento cutaneo iniziale su cui intervenire per evitare una lesione da pressione. L’OSS è lì, presente nel momento in cui queste situazioni si manifestano, e può agire o segnalarle immediatamente.

In un sistema di gestione del rischio efficace, l’OSS diventa gli “occhi e le orecchie” del team sul campo. Il suo sguardo attento può identificare potenziali errori o deviazioni dalle procedure prima che causino danno. Ad esempio, notare che una procedura aseptica non è seguita correttamente, oppure accorgersi che un dispositivo medico presenta anomalie, rientra nel suo campo di osservazione quotidiana. Coinvolgere l’OSS significa ampliare la rete di sorveglianza: più operatori attenti sul campo equivale a maggiori probabilità di intercettare il pericolo in anticipo.

Va riconosciuto, però, che storicamente l’OSS non sempre è stato incluso nelle discussioni sulla sicurezza clinica. Spesso la gestione del rischio è stata percepita come affare “da dirigenti” o da sanitari laureati. Ma oggi stiamo capendo che questa visione è limitante: la prima linea assistenziale è anche la prima linea di difesa. Come osserva un recente contributo, “è indispensabile anche il contributo degli operatori di supporto, in modo che le attività comincino a funzionare già dalla prima linea e non solamente a livello teorico o dirigenziale”. In altre parole, senza l’apporto degli OSS (operatori di supporto), le migliori politiche di risk management rimangono teoria; con loro, la sicurezza diventa pratica quotidiana e tangibile.

Strategie per integrare efficacemente gli OSS nel risk management

Coinvolgere gli OSS nella gestione del rischio clinico non avviene automaticamente solo perché la legge lo prevede. Richiede invece un cambiamento culturale e organizzativo. Ecco alcune strategie (possibili spunti di riflessione per i direttori di struttura) per integrare in modo efficace gli OSS nei processi di risk management:

  • Formazione mirata e continua: Offrire agli OSS opportunità di formazione specifica sulla sicurezza del paziente/ospite e sulla segnalazione degli eventi avversi. Questo può includere corsi ECM aperti anche a loro, simulazioni di gestione dell’errore, e aggiornamenti sulle best practice. Un OSS formato comprende meglio cosa osservare e come agire di fronte a un rischio, sentendosi più competente nel ruolo di sentinella della sicurezza.

  • Canali di segnalazione accessibili: Implementare sistemi semplici e chiari affinché gli OSS possano segnalare errori, quasi-errori (near miss) o violazioni senza ostacoli burocratici. Ad esempio, moduli di segnalazione snelli come quelli personalizzabili nel software ABCrisk, possibilità di riferire verbalmente al responsabile di turno, oppure strumenti digitali facili da usare. L’OSS deve sapere a chi rivolgersi e come, in qualsiasi momento, per condividere un’allerta di rischio.

  • Cultura del “no blame”: Promuovere un ambiente in cui segnalare un errore non comporti colpevolizzazioni o ritorsioni. La paura di essere rimproverati è spesso un freno per gli OSS (e non solo) nel riferire criticità. Invece, adottare la filosofia del “non più chi è stato, ma perché è accaduto” aiuta a vedere l’OSS come parte della soluzione, non del problema. Quando un OSS segnala un potenziale errore, andrebbe ringraziato e coinvolto nell’analisi, non guardato con sospetto.

  • Inclusione nei gruppi di lavoro: Coinvolgere attivamente rappresentanti degli OSS in riunioni sulla sicurezza, audit clinici, commissioni di risk management. Questo invia un messaggio chiaro: il punto di vista dell’OSS è valorizzato. Inoltre, permette di raccogliere idee pratiche da chi vive il reparto minuto per minuto. Un OSS potrebbe proporre soluzioni semplici a problemi ricorrenti (ad esempio, migliorare la disposizione dei presidi per ridurre errori) che altrimenti resterebbero inosservate dai piani alti.

  • Feedback e riconoscimento: Dare riscontro agli OSS sulle segnalazioni fatte (ad esempio comunicando quali azioni correttive sono state intraprese) e riconoscere il merito di chi contribuisce alla sicurezza. Ciò motiva il personale di supporto a mantenere alta l’attenzione. Un semplice “grazie, la tua segnalazione ha evitato un possibile incidente” può rafforzare enormemente la cultura della sicurezza partecipata.

Queste strategie non sono verità assolute garantite – ogni struttura dovrà adattarle alla propria realtà – ma rappresentano spunti concreti per passare dalla teoria della legge alla pratica quotidiana. L’OSS può diventare così parte attiva del sistema di gestione del rischio, sentendosi parte di un gioco di squadra il cui obiettivo è un’assistenza sicura.

Benefici potenziali del coinvolgimento attivo degli OSS

Quali vantaggi può portare, in concreto, l’integrazione degli OSS nel risk management? Immaginiamo alcuni possibili benefici di una partecipazione realmente attiva e strutturata:

  • Più occhi sul paziente/ospite: Ogni OSS coinvolto aggiunge un livello di sorveglianza aggiuntivo. Significa avere più occhi attenti ai dettagli quotidiani, capaci di rilevare precocemente segnali di allarme. Questo può tradursi in una riduzione degli eventi avversi evitabili, grazie all’intercettazione tempestiva dei rischi minori prima che diventino problemi maggiori.

  • Reattività immediata sul campo: Gli OSS, essendo presenti 24 ore su 24 accanto ai pazienti/ospiti in reparto o in RSA, possono intervenire subito all’emergere di una criticità. Non devono “aspettare il giro visita” – se notano qualcosa, possono agire o avvisare immediatamente. Questa reattività riduce la finestra di tempo in cui un errore può produrre danno. In un certo senso, accorciano la distanza tra il rischio e la soluzione.

  • Migliore comunicazione e lavoro di squadra: Valorizzare il ruolo degli OSS nel rischio clinico manda un messaggio a tutto il personale: siamo tutti sulla stessa barca. Questo favorisce un clima di fiducia reciproca e collaborazione tra OSS, infermieri, medici e dirigenti. La gerarchia si trasforma in rete: l’OSS segnala all’infermiere, che condivide col medico, che supporta la direzione, in un flusso comunicativo più fluido. Il risultato probabile è un team più coeso, dove ognuno sente la responsabilità della sicurezza collettiva.

  • Crescita professionale e motivazione dell’OSS: Un OSS che partecipa a progetti di miglioramento della qualità e sicurezza percepisce maggiore dignità professionale. Il suo lavoro non si limita all’assistenza di base, ma contribuisce agli obiettivi strategici della struttura. Questo può aumentare la soddisfazione lavorativa e la motivazione personale, generando a sua volta una cura più attenta verso i pazienti/ospiti. In altre parole, un OSS coinvolto è spesso un OSS più consapevole e orgoglioso del proprio ruolo.

  • Aderenza alla normativa e migliore reputazione della struttura: Integrare gli OSS nel risk management aiuta la struttura sanitaria a rispettare pienamente lo spirito della Legge Gelli-Bianco, dimostrando di aver messo in atto un sistema di gestione del rischio a 360 gradi. Ciò può contribuire non solo a evitare sanzioni o problemi legali, ma anche a costruire una reputazione di eccellenza in sicurezza delle cure. Le famiglie e i pazienti/ospiti colgono quando un ambiente è sicuro e ben organizzato, e un team affiatato dove tutti vigilano dà sicuramente più fiducia.

Naturalmente, questi benefici andrebbero verificati sul campo e non si realizzano dall’oggi al domani. Tuttavia, la logica suggerisce – e l’esperienza in molte realtà conferma – che un sistema sanitari e socio-sanitario in cui anche l’ultimo anello della catena è forte e partecipe risulta globalmente più sicuro.

Verso una cultura condivisa della sicurezza

Includere l’Operatore Socio-Sanitario nei sistemi di gestione del rischio clinico non è solo una questione di procedure, ma di cultura organizzativa. Significa abbracciare l’idea che la sicurezza del paziente/ospite è un valore collettivo, a cui ognuno contribuisce con il proprio sguardo e le proprie azioni. In questa visione, l’OSS cessa di essere una figura “silenziosa” sullo sfondo e diventa un attore consapevole della qualità assistenziale.

Potremmo quasi dire che l’OSS funge da ponte tra il paziente/ospite e il resto dell’équipe, tra la pratica quotidiana e gli obiettivi strategici di sicurezza. Il suo coinvolgimento attivo chiama in causa i principi della leadership diffusa: non solo i dirigenti o i risk manager guidano il cambiamento, ma ogni membro del personale – compreso l’OSS – può farsi promotore di buone pratiche. Questo richiede, certo, umiltà e ascolto da parte dei vertici, e coraggio da parte degli OSS nel proporre e segnalare. È uno scenario dove tutti imparano dagli errori e ciascuno si sente autorizzato a dire: “Attenzione, qui possiamo migliorare”.

Vale la pena sottolineare che la Legge Gelli-Bianco, di per sé, non basta a trasformare la realtà: essa traccia la rotta, ma sta a ogni struttura navigare in quella direzione. Nel concreto, alcune strutture sanitarie hanno già iniziato a investire su questo fronte, attivando programmi di formazione congiunta e coinvolgendo gli OSS nei briefing di reparto sulla sicurezza. Sono passi importanti, ma la strada è culturalmente impegnativa: vuol dire superare retaggi di mentalità (il vecchio “non è compito mio”) e costruire fiducia orizzontale.

In conclusione, riflettendo, viene naturale “filosofeggiare” un po’: immaginare un ospedale/RSA ideale in cui un OSS, notando un potenziale pericolo, si senta immediatamente responsabile di agire e libero di comunicarlo, sapendo di trovare ascolto attento. In questo ospedale/RSA ideale, la sicurezza è davvero patrimonio di tutti, non uno slogan. Probabilmente non esiste una realtà perfetta, ma la direzione indicata è chiara. Come recita un motto caro agli esperti di risk management: “La sicurezza del paziente è un gioco di squadra”. E in questa squadra, l’OSS non è più in panchina – è in campo, con la maglia numero 1, pronto a fare la sua parte.

Fonti:

  • Legge 8 marzo 2017, n.24 (“Legge Gelli-Bianco”), Art. 1, comma 3 – Sicurezza delle cure e gestione del rischio clinico

  • FNOPI – Legge 24/2017: Cosa prevede e come cambia la responsabilità sanitaria (articolo) – Principio del coinvolgimento di tutto il personale nelle attività di prevenzione del rischio

  • Nurse24.it – Contributo dell’OSS nella gestione del rischio clinico (articolo, 2020) – Importanza della segnalazione di errori e violazioni anche da parte degli OSS; ruolo degli OSS nella cultura della sicurezza no-blame

  • Nurse24.it – Sicurezza delle cure: FNOPI in audizione alla Camera (articolo, 2023) – Concetto di posizione di garanzia di tutti gli operatori sanitari verso il paziente e responsabilità d’équipe nella sicurezza delle cure.

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