L’ingresso in una residenza per anziani è un momento critico: interrompe la continuità della vita e allontana da affetti e oggetti familiari. Favorire la sensazione di “casa” nella struttura può attenuare questo disagio iniziale e promuovere il benessere degli ospiti. Studi confermano che il senso di “casa” dipende da fattori combinati: ambiente fisico, organizzazione, relazioni e cultura assistenziale.
Architettonici
La disposizione degli spazi è fondamentale: edifici di piccola scala, materiali caldi e arredi “domestici” favoriscono un’atmosfera familiare. L’architettura in stile “home-like” suscita risposte emotive più positive rispetto a strutture anonime. Camere singole con bagno privato e aree comuni accoglienti (cucina, soggiorno, sala da pranzo) ricreano l’intimità di un’abitazione privata.
Ambientali
La qualità sensoriale dell’ambiente migliora il comfort. Illuminazione naturale, colori caldi, profumi e oggetti personali rendono gli spazi familiari. L’accesso a giardini o terrazze e la presenza di piante promuovono serenità e senso di libertà. La tecnologia di supporto (domotica, pulsanti di emergenza) deve restare discreta, garantendo sicurezza senza togliere spontaneità alla vita quotidiana.
Organizzativi
Una gestione flessibile e centrata sulla persona rende la residenza più “casa” che ospedale. Orari personalizzabili (pasti, igiene, attività) e piccoli gruppi assistenziali con operatori polivalenti accrescono l’autonomia. Politiche partecipative (coinvolgimento degli anziani nelle decisioni quotidiane) e leadership inclusiva creano un clima di rispetto e familiarità.
Relazionali
Le relazioni umane sono il cuore dell’esperienza di casa. Personale formato all’empatia, routine quotidiane condivise e momenti di socialità rafforzano il senso di appartenenza. Modelli come Hogeweyk (Paesi Bassi) e Il Paese Ritrovato (Monza) dimostrano che operatori senza camici bianchi, che svolgono attività quotidiane insieme agli ospiti, favoriscono fiducia, sostegno emotivo e senso di comunità.
Culturali e valoriali
Identità, valori e tradizioni personali devono essere rispettati: menù familiari, rituali religiosi, musica e lingue d’origine rafforzano l’identità. In Italia l’assistenza è da sempre un fatto di famiglia, e spesso la RSA è vista come ultima risorsa. Un modello culturale che valorizzi l’autonomia dell’anziano, coinvolga le famiglie e integri la struttura nel territorio consolida invece il senso di appartenenza.
Casi studio
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Hogeweyk (Paesi Bassi): villaggio Alzheimer (2009) concepito come un vero quartiere con case domestiche, bar, negozi e piazza. Circa 150 residenti con demenza conducono una vita quotidiana normale (fare la spesa, prendere un caffè, passeggiare) in piena sicurezza. Medici e infermieri 24h sono presenti ma, eliminando camici e visite mediche fisse, riducono la medicalizzazione e valorizzano l’autonomia.
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Il Paese Ritrovato (Monza, Italia): villaggio Alzheimer ispirato a Hogeweyk, inaugurato nel 2018. Su 14.000 m² ci sono 8 “case” con 8 camere ciascuna (ognuna con cucina e salotto comuni), oltre a bar, chiesa, piazza e parco. Vi risiedono 64 anziani con demenza e 55 operatori. Qui la tecnologia è invisibile (domotica e sensori discreti) e si punta molto sulla vita comunitaria: ampi spazi per attività di gruppo e forte coinvolgimento delle famiglie rendono questo modello italiano unico.
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Altri esempi internazionali includono il modello “Green House” (USA) e progetti nordici diurne. Pur diversi nell’organizzazione, condividono la filosofia della cura centrata sulla persona e un forte senso di domiciliarità.
Riepilogo dei punti chiave
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Spazi domestici: camere singole, arredi “da casa”, cucina comune e aree verdi creano un ambiente familiare;
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Comfort ambientale: illuminazione naturale, colori caldi, profumi, piante e oggetti personali migliorano il benessere sensoriale;
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Organizzazione flessibile: orari personalizzabili, piccoli gruppi con caregiver multifunzionali aumentano autonomia e controllo personale;
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Relazioni empatiche: personale vicino, senza eccessiva formalità, e attività condivise rinforzano il senso di accoglienza;
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Valori e tradizioni: riconoscere usi culturali, menu familiari e coinvolgere la famiglia consolidano l’appartenenza.
Conclusione
Creare un clima “domestico” nelle RSA richiede azioni concrete a tutti i livelli: dall’architettura alla routine quotidiana, dalla formazione del personale al coinvolgimento della comunità. Le esperienze dimostrano che ambienti e attività pensati sulle esigenze emotive e culturali degli anziani riducono ansia e isolamento e stimolano autonomie residue. Con piccoli cambiamenti – più tempo dedicato all’ascolto, spazi personalizzabili e attività significative – ogni struttura può trasformarsi in un vero “luogo da chiamare casa”, migliorando il benessere complessivo degli ospiti.
Fonti
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Cerina V., Fornara F., Manca S. (2017). European Journal of Ageing;
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Mauro L., Notarnicola I. et al. (2022). International Journal of Older People Nursing;
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Verbeek H., van Rossum E. et al. (2009). International Psychogeriatrics;
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Vivace (blog KONE Motus), “A Monza il primo villaggio Alzheimer in Italia”;
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EUDWebinar (2024), “Le nuove forme di residenzialità per anziani in Italia e in Europa”.:
Bibliografia sintetica (esempi): Rapoport A., A Critical Look at the Concept “Home” (2024); Board M., McCormack B., Journal of Clinical Nursing (2018).